Una massa di imbecilli digitali
La giornata del 29 aprile 2013 la ricorderemo per tre tragici eventi: il primo costituito dalla sparatoria in piazza Colonna; il secondo dal giornalismo – che per coprire le pause della diretta – ha veicolato “balle spaziali” di inaudita comicità; il terzo dalla massa di imbecilli digitali che sui social network hanno manifestato il livello più basso di responsabilità civica.
Vediamo con ordine:
La sparatoria non ha nulla di razionale, non ha un filo logico, non trova alcuna motivazione criminale nel voler uccidere un politico o sparare in faccia un Carabiniere. Preferisco tacere perché non vi è alcuna ragione, legata alla crisi economica o alla crisi sociale, che giustifichi tale gesto.
Sull’informazione data in diretta mi soffermo un pochino. Le telecamere e il giornalismo parlamentare, nonostante fosse domenica, erano concentrati tra il Quirinale – in cui prestavano giuramento i componenti del neo Governo di Enrico Letta – e Palazzo Chigi, sede istituzionale del Governo, luogo in cui si è svolta la sparatoria. Da subito i giornalisti con le telecamere, un po’ troppo invasive, hanno spostato l’attenzione, sul luogo in cui si è svolta l’azione criminosa.
In varie dirette televisive, sono state date le notizie più assurde:
– i giornalisti hanno iniziato a lanciare discutibili affermazioni: “a sparare è stato uno psicopatico”; va bene, ma mi domandavo nel seguire la diretta: “Avete un referto medico che attesti questo? Conoscete un provvedimento di interdizione del Tribunale? Non bastava dire: “il gesto di un folle?” Qualche minuto dopo lo scoop, in contraddizione con le fantasiose conclusioni, per l’intervista al fratello dell’attentatore che candidamente dichiarava: “Mio fratello è sano di mente ma è senza lavoro e senza famiglia!”;
– i telecronisti poi hanno ripetutamente detto: “l’attentatore é un calabrese in giacca e cravatta, ripetiamo indossava giacca e cravatta forse per spacciarsi per un politico o per un addetto di segreteria”; ma cosa si aspettavano che il criminale si presentasse con tuta mimetica e cappuccio nero in pieno centro a Roma, magari prendendo la metropolitana o l’autobus numero 63? Follia!
Infine, se tutto questo non bastasse, è arrivata l’onda anomala sui social network, in cui la frase più ricorrente è stata: “solidarietà al Carabiniere ferito, peccato che non abbia ucciso un politico”; oppure “doveva ucciderli tutti da Berlusconi a Bersani e non un povero Carabiniere”; peggio ancora: “solidarietà a Preti e al Carabiniere ferito, entrambi vittime dei politici” il tutto infarcito da frasi inneggianti la “democrazia, la libertà, la pace !!!”
L’imbecillità è andata avanti per ore, senza che in alcun modo si riuscisse a porre rimedio – sino a quando, reggetevi forte, è stata pubblicata su Facebook la prima notizia complottistica:
“L’attentatore è pagato da Bersani per far fuori il Movimento Cinque Stelle”, Preiti è stato addestrato in Russia !!!”
Cosa aggiungere?
Ieri ho avuto l’ulteriore prova del fallimento di qualunque teoria di democrazia diretta e digitale, in cui grazie alla telematica è possibile ascoltare l’opinione di tutti; preferisco che ci sia una democrazia elettorale in cui nutro ancora la speranza che qualche imbecille – magari per un filino di influenza – resti a casa e non si presenti alle urne.
Internet è per tutti ma non tutti sono per Internet