1,10,100,1000 uomini. Nassiriya 12 novembre 2003
C’è il rischio di cadere nella retorica, c’è il rischio di non riuscire a trasmettere ciò che una tragedia ha lasciato nel cuore, c’è il timore che come sempre qualcuno la butti nella politica dimenticando che quel 12 dicembre 2003 sono morti degli uomini, dei padri di famiglia, dei ragazzi a prescindere dalle motivazioni che li hanno portati in una terra straniera.
Forse ogni giorno occorre ricordare i nostri morti, siano essi: militari, operai, appartenenti alle forze dell’ordine, magistrati, avvocati, professori, sindacalisti, politici, filosofi che hanno perso la vita per gli altri.
Tutti i caduti per una Società civile devono essere ricordati: morti per un’impalcatura che è crollata, caduti mentre svolgevano un posto di blocco, caduti mentre conducevano un’indagine o lottavano per migliorare le condizioni di lavoro in fabbrica.
Essi sono morti cercando di assicurarci una vita migliore.
Oggi ricordo i caduti e i feriti di quel tragico giorno di sette anni fa. Ci tengo a farlo perchè il 12 novembre di vent’anni fa venivo arruolato e dopo qualche mese fui impegnato come militare all’estero, in una così detta “Operazione di Pace”.
Ricordo l’emozione quando tornai a casa ed in particolare l’abbraccio dei miei familiari e amici.
Quell’abbraccio che è mancato a chi non è tornato.
Non so descrivere cosa si provi in quell’abbraccio, come batta forte il cuore, non trovo le parole e mi affido a questo filmato trovato in rete, con la speranza che davanti allo morte non esistano mai più, stupide graduatorie.