Il Papa Francesco, la Rete e l’arte del dissacrare
Queste le prime parole di Jorge Mario Bergoglio eletto 266° Vescovo di Roma e Papa della Chiesa cattolica, 8º sovrano dello Stato della Città del Vaticano, primate d’Italia, oltre agli altri titoli statistici come: primo Pontefice dell’America latina, primo appartenente all’Ordine dei Gesuiti.
Non sono un vaticanista come oggi la totalità degli italiani ha preteso di esserlo, non sono un esperto di comunicazione anche se taluni mi attribuiscono una consolidata esperienza sulla materia, mi limiterò a riportare ciò che ho percepito in queste ultime ore.
Ieri sera guardavo Papa Francesco, e non Francesco I come qualche distratto ancora ignora, ero stordito e incredulo dopo l’annuncio del cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran in quanto il nome non era tra i favoriti, resto colpito nel vedere un Papa che appare sulla Loggia della Basilica indossando un abito bianco, senza la Mitria e con una semplice Croce al collo.
In pochi minuti saluta in modo amicale la piazza e il mondo collegato, lo fa come se entrasse in casa altrui, ironizza con il suo Paese d’origine collocandolo, come facevano gli esploratori dei secoli scorsi, alla “fine del mondo”, non pronuncia mai il sostantivo “Papa” ma usa il termine “Vescovo di Roma” un termine che spiazza i meno preparati sulla Storia della Chiesa.
Il rito prevede la benedizione “Urbi et Orbi”, la prima che viene dichiarata valida non solo per i media tradizionali ma anche per le forme di comunicazione svolte attraverso le nuove tecnologie; nel frattempo il neo Pontefice focalizza da subito l’attenzione sul valore della preghiera, lo fa in tre momenti quando:
– chiede alle persone di pregare per il vescovo emerito Benedetto XVI;
– chiede di pregare gli uni per gli altri perché ci sia una grande fratellanza e fiducia reciproca;
– chiede di pregare per lui e infine piega la testa verso chiunque lo guardi. Una comunicazione forte, mai vista prima, che inverte la tradizionale forma gerarchica di comunicazione.
Sul web esplodono commenti di gioia, facebook, twitter, instagram sono invasi da stati d’animo di speranza, di gioia, di fiducia. Molti si dichiarano “non cattolici” e tuttavia scrivono che Papa Francesco gli ha dato una straordinaria “serenità”, tutti affermano di riporre grande fiducia per il cammino della Chiesa.
Tutto questo ottimismo, questa ventata di speranza, in qualche modo doveva essere fermata!
Poche ore dopo iniziano a girare in rete le notizie su Jorge Mario Bergoglio: sulle presunte amicizie con i dittatori argentini, sulla difesa delle posizioni della Chiesa in merito ai contraccettivi, sul fatto che non avesse risposto qualche giorno fa alle domande sui preti pedofili, sul fatto che il nome scelto sia solo un sipario e che dietro si cela un “gesuita, un papa nero e che la fine del mondo è vicina”.
Perché tutto questo? Perché occorre dissacrare, mostrare irriverenza verso il nuovo, che sia il Pontefice o un semplice messaggio di speranza?
La risposta è nelle forme di strategia politica: occorre mantenere soggiogata la speranza e in questo modo si agevola il controllo della massa rassegnata.
Insomma, bisogna in qualche modo togliere ogni speranza alle persone, serve distruggere la capacità di sognare, di avere speranza, di superare la crisi economica, di sconfiggere quella crisi sociale e di valori che ci porta a vivere fianco a fianco con i pugni stretti sempre pronti a colpire.
Ribelliamoci a tutto questo, riprendiamo la razionalità del web e non lasciamoci incantare dalla prima notizia che “impacchettata e infiocchettata” appare fondata e di conseguenza credibile.
Buon cammino a tutti, in special modo al Francesco, oggi “Pastore”.