Non c’è posto in questo Paese
Lo ammetto senza vergogna: la notizia della neonata, morta durante il trasferimento in ambulanza da Catania a Ragusa, per mancanza di posti nelle unità di terapia intensiva neonatale, mi ha ferito profondamente.
Spesso ironizzo sulla gestione di Expo2015, sul digitale nazionale, sugli errori del giornalismo, sulla malagiustizia e soprattutto sulla politica anetica perché mostrano un Paese: disorganizzato, inefficiente e spesso non amato.
Ma questa volta è diverso, è grave, non c’è appello: la morte di un neonato pugnala più di una volta.
Immagino quei momenti dopo il parto.
I genitori, i nonni che vivono un sentimento di gioia che si trasforma rapidamente: in apprensione, in paura, in terrore, in rabbia.
Quei momenti in sala d’attesa, in cui qualcuno, nella fredda routine ospedaliera, avrà comunicato: “La piccola ha avuto un malore, stiamo contattando il reparto di terapia intensiva neonatale”, poi altri lunghissimi minuti di attesa e ancora: “Non c’è posto”, “Non c’è posto”, “Non c’è posto”.
Una frase che i parenti ascolteranno ben tre volte, prima di vedere la neonata su un’ambulanza non attrezzata per queste emergenze, partire in direzione Ragusa.
Da domani a nulla varranno le polemiche, i talk show, le dichiarazioni dei politici, le responsabilità difficili da individuare tra un “non potevo”, “non è di mia competenza”, “lo prevede il protocollo”.
Resterà una sola certezza: “La neonata è morta, perché non siamo stati in grado di accoglierla.”
Non c’è posto in questo Paese.