Perché pagare un professionista del Web
Le numerose categorie professionali, impegnate nel mondo della comunicazione digitale stentano ad ottenere, nell’immaginario collettivo un ruolo che ne riconosca il merito e soprattutto un adeguato riconoscimento economico.
Nelle aziende, dalle più piccole alle più grandi, il ruolo del social media strategist – ad esempio – viene spesso sottovalutato, più in generale i preventivi dei professionisti che operano nel Web sono ritenuti esosi e non proporzionati all’impegno dedicato.
In base alla mia esperienza professionale, quindi suscettibile di critica, i motivi essenzialmente sono tre:
Mancata percezione delle competenze
Il rubinetto perde, non sappiamo che fare, non abbiamo gli strumenti per svitare il tubo, chiamiamo l’idraulico che viene sul posto, svita il tubo, cambia la guarnizione, ci chiede un compenso e – se pur borbottando – paghiamo la cifra richiesta.
Nel web perché dovremmo pagare qualcuno (smm) per usare la stessa piattaforma tecnologica, posta a nostra disposizione? Magari il nostro stesso account?
In questo caso la disintermediazione – necessità, strumento, operatore – crea psicologicamente la mancata percezione della professionalità e della competenza. Se aggiungiamo che il social network è ritenuto essere usato anche per fini ludici, scatta l’idea che il professionista (in questo caso il social media marketer) venga ingaggiato per divertirsi.
Difficile misurazione nel rapporto comunicazione-vendite
“Ti pago se guadagno” è il motto dell’imprenditore. “Avvio una campagna pubblicitaria in televisione e sui giornali e vendo di più, questo è ciò che mi riferisce il mio commerciale. Allora perché dovrei pagare un esperto di web design per farmi fare il sito? Non mi aiuta a vendere, il prodotto è l’elemento vincente”.
Questa è in sintesi la riflessione che più volte ho ascoltato dagli imprenditori, dagli amministratori delegati, dai responsabili alle vendite.
Quello che ancora non si comprende è che, nel mercato globale in cui un prodotto può essere acquistato da più canali di vendita: l’immagine, i servizi legati alle vendite, l’empatia con il consumatore sono “armi” fondamentali per sviluppare e tutelare il proprio business.
La presenza online aiuta e risolve, nella maggior parte dei casi, a creare un posizionamento mentale che spinga il consumatore all’acquisto.
Scarsa professionalità percepita
Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose.
Questa è l’errata percezione che la società ha del professionista del web, lo vede come una persona che “cazzeggia in rete” in attesa della grande occasione, del buon contratto.
Questa percezione si è radicata negli scorsi anni in cui molti si vantavano di avere migliaia di contatti su Linkedin, su Facebook e su Twitter per poi essere “lavorativamente” a spasso.
In altri casi – questo che sto per dire è l’aspetto più lesivo per la categoria dei professionisti del web – ci sono tantissimi “transumanti”, ossia tutti coloro che per ragioni più o meno valide, scelgono di dedicarsi alla comunicazione digitale solo perché hanno un computer e un collegamento ad Internet.
A questa categoria appartengono tutti coloro che provengono da altre esperienza professionali e che, per aver avuto un licenziamento o l’impossibilità di reinserirsi nel mondo del lavoro, si dichiarano esperti e operatori nel web sol perchè non esiste uno standard di competenze.
Tecnicamente nel business sono i “cugini” o gli “amici degli amici” che ottengono il lavoro per conoscenza diretta e indiretta del committente. L’attento lettore, arrivato a questo punto, starà pensando sicuramente a qualcuno di sua conoscenza.
In sintesi, la capacità di stare sul mercato in modo vincente non deve essere affidata a virtuali stratagemmi o frasi motivazionali, ma ad un serio cammino basato su una costante e seria formazione.
Il resto è solo parassitismo.