L’algoritmo AEM di Gianni Morandi per la comunicazione digitale
Da qualche giorno, desideravo ragionare su quale potesse essere la modalità strategica vincente per comunicare nei social network o attraverso un blog.
Non essendo un tecnico informatico o di marketing digitale, non posso sintetizzare la complessa analisi dei dati di traffico, suggerire come scrivere un testo che sia idoneo per la sofistica azione di search engine optimization e infine annotare le tattiche migliori per allestire al meglio il proprio account su: Facebook, Twitter, Instagram. Su questi argomenti rimando lo studio su centinaia: di libri, di convegni, di seminari e di incontri che si susseguono durante l’anno.
Il mio ragionamento, in questo momento, verte sull’approccio di colui che desidera comunicare un messaggio sul web, sulla qualità dello stesso, sullo spirito pioneristico, che deve restare quando si naviga in internet.
Da anni, purtroppo, abbiamo il pessimo esempio della comunicazione politica sbarcata nel web: litigiosa, bugiarda, spesso contraddittoria.
D’altra parte anche le più semplici discussioni – vedi quella sui cookie-law degli ultimi giorni – diventano aspro terreno di confronto, talvolta conflittuale e confuso, anche tra gli addetti ai lavori.
Partendo dal fatto che, nella società interconnessa, il fattore tempo è diventato un bene preziosissimo, cosa dobbiamo fare affinché si ottenga l’attenzione di una persona in Rete?
Avere pochi secondi di attenzione al giorno, tutti i giorni, per tutti i mesi dell’anno contando su un gesto di gradimento (like) o meglio un ingaggio (share) e l’aspirazione di tutti.
La sfida di oggi, ma soprattutto del domani – specialmente dopo le esternazioni del Prof. Umberto Eco – è quella di catturare costruttivamente l’attenzione degli altri, cercando di dribblare le negative ripercussioni degli imbecilli digitali, già da me attenzionati nel 2013.
Possiamo non ammettere che esistano gli imbecilli digitali, possiamo rifiutarci di pensare ostinatamente che internet sia tutto bello, tuttavia non saremmo onesti perchè sappiamo che il giorno in cui la cultura sul web tirerà più della foto di un gattino alla finestra, solo allora avremo realmente cambiato direzione verso una rete responsabile, consapevole e concreta nel creare beneficio per tutti.
L’algoritmoAEM o meglio la provocazione che sto lanciando, si basa sul bagaglio caratteriale della persona: sulla sua autorevolezza, sulla sua etica, sulla sua morale.
Abbiamo bisogno di punti fermi, di esempi da seguire, abbiamo bisogno di leadership su internet che non mirino alla sola visibilità come patrimonio personale ma alla qualità dei contenuti, quale bene da condividere con gli altri.
Prendete il caso di Gianni Morandi, un personaggio noto e sotto i riflettori da decenni, eppure il pubblico non si è mai allontanato da lui e anche i giovanissimi – che magari non conoscono le canzoni del passato – lo apprezzano sulle pagine dei più diffusi social network.
Gianni Morandi è il frutto di una condotta sempre espletata nel rispetto di un’autorevolezza empatica, di un’etica esemplare verso il senso comune, di una morale che lo ha reso vicino alle persone e non solo ai suoi fan.
Gianni posta la foto in cui mangia il gelato, 70.000 like e 2000 condivisioni. Gianni posta la foto in cui indossa una vecchia maglietta ventennale a cui è affezionato: 80.000 like e 3000 condivisioni.
Non vi è tecnica che tenga, il personaggio dello spettacolo non si esibisce cantando, mostra l’Uomo che, con le sue radicate qualità, comunica con il suo semplice agire nella vita di tutti i giorni
Un esempio da seguire mentre, l’immagine che oggi la Rete offre al mondo è quella schiacciata dall’ esigenza del click pubblicitario, del consenso politico del like, dell’idiota polemica dissacrante che attraversa questo misero Paese.
Gli operatori, i professionisti dell’internet oggi hanno il preciso compito di salvare questa inestimabile risorsa digitale affinchè non sia da una parte una fogna di contenuti a cielo aperto, dall’altra mantenga vive quelle peculiarità migliorative della conoscenza.
Lo dobbiamo per mantenere pulito il nostro luogo di lavoro e per tramandarlo, non inquinato, alle prossime generazioni.