I bimbi digitali sono una risorsa, non rovinateli
Sapendo che mi occupo di diritto legato alle nuove tecnologie della comunicazione, da anni i miei interlocutori vivono nella errata visione che io sia un “tecnico informatico” a cui chiedere il perché non funzioni il cellulare, il tablet, il computer o peggio la stampante.
Altro fattore di tormento è il mostrarmi come i loro figli usino la tecnologia. Vedo iPad macchiati di pastina all’uovo, periferiche ingolfate da tracce di vomito rinsecchito e bambini posti come attrazioni circensi davanti ad una tastiera percossa con manine diaboliche.
Quando i rampolli di casa sono adolescenti gli attenti genitori mi rassicurano che per il bene del pargolo il computer è sotto controllo, che il piccolo erede non può usarlo senza il permesso, che sono genitori attenti e moderni.
Poi vedo lo sguardo del diabolico tredicenne di casa avvinghiato all’iPhone collegato in wi-fi, con la rete della vicina all’insaputa dei genitori, mentre studia l’ultimo video di una tortura sessuale su youporn o scambia le foto delle compagne di scuola riprese in atteggiamenti intimi.
Aumentano sempre di più i casi di adolescenti che utilizzano la comunicazione digitale in modo pessimo!
Negli ultimi mesi mi sono occupato di bambini che hanno creato su Facebook il profilo di una compagna di classe, inserendo le foto fatte a scuola, promettendo incontri particolari con adulti, inserendo non solo l’indirizzo della scuola, quanto il numero del cellulare della ragazzina.
Penserete che non abbia chiamato nessuno? Vi sbagliate, le telefonate sono state centinaia e provenienti da ogni regione. Uomini, donne e altri adolescenti hanno chiesto dettagli, modalità e proposto giochi erotici.
Una trentina di adulti si sono recati fuori la scuola, cercando di incontrare la bambina.
Cose da pazzi penserete? No, uso criminoso di una inestimabile risorsa.
Non condanno il web, ci mancherebbe altro, condanno ogni forma di sottocultura e di ignoranza dovuta alla perdita dei valori sociali che per anni hanno tenuto in piedi la nostra società.
Possiamo limitare i danni non con norme coercitive ma con un serio sviluppo della cultura digitale, totalmente latente in Italia.
Occorre farlo in fretta e occorre iniziare subito.