Caterina Simonsen, la ricerca e la feccia digitale
Il recente caso di Caterina Simonsen, giovane studentessa di veterinaria colpita all’età di nove anni da un complesso di malattie genetiche degenerative, ha destato molte polemiche in quanto ha dichiarato sulla sua bacheca di essere grata e favorevole all’impiego di animali da laboratorio laddove gli scienziati non abbiano alternative, ricevendo su Facebook una valanga di insulti, di minacce di morte e di auspici per una rapido decesso.
Gli autori di queste gesta telematiche sui social network appartengono a ciò che definisco “feccia digitale”, ossia quella parte di utenti che con un comportamento anetico viola la Rete nella sua genesi costruttiva e culturale alla base dello scambio libero e democratico di opinioni e idee. Abbiate pazienza, su questo, ci tornerò più tardi.
Premetto che non condivido l’opinione di Caterina Simonsen, sono contrario alla sperimentazione sugli animali, perché oggi ci sono metodi di ricerca alternativi e in alcuni casi più concreti nell’analisi dei risultati, sono contrario per una questione morale, sono contrario perché ritengo che la sperimentazione sugli animali allontani lo studio di soluzioni più rapide ed efficaci.
La sperimentazione sugli animali è molto costosa, una volta accreditata sugli animali deve essere reingenerizzata per essere somministrata all’Uomo e talvolta non porta un risultato idoneo e sperato; è violenta e – sotto il profilo morale – credo che vivere causando dolore e sofferenza ad un altro essere vivente sia egoistico, pertanto non accettabile.
A questo punto mi si solleva il coro di critiche: “la pillola che prendi per il raffreddore, per poi andare tranquillo in studio, è stata testata sugli animali”, “la pomata che metti sul ginocchio quando prendi una botta in palestra, è stata testata sugli animali” quindi anche tu concorri allo sterminio!
Va bene, avrò contribuito, me ne assumo la responsabilità, ma fa parte del passato quando la ricerca era rivolta in tal senso, oggi mi chiedo possiamo cambiare strategia? Possiamo destinare ogni finanziamento, ogni capacità medico-scientifica nella ricerca di metodi alternativi?
Siamo sinceri, la ricerca basata sugli esperimenti con gli animali è un ottimo business da mantenere, questo vale tanto per le aziende farmaceutiche quanto per la filiera sottesa ma è un giro d’affari che non può e non deve essere più tollerato.
Infine c’è la feccia digitale, quell’anonima massa di persone che compaiono e scompaiono anche mediante profili fake, una sorta di orda di piranha assassini, pronti ad emergere per colpire in branco e fuggire singolarmente. Sono coloro che hanno augurato la morte alla giovane studentessa, sono i rivoluzionari da tastiera che non hanno letto Piero Calamandrei, sono quelle persone colte che richiamano Sandro Pertini che insieme a Garibaldi, Mazzini e Cavour ha creato l’Italia.
Lancio una provocazione: “se cominciassimo a sperimentare i farmaci su di loro?” Ovviamente scherzo, non meritano neanche questo.
“Internet è per tutti ma non tutti sono per Internet”