DESCRIZIONE E COMMENTO DELLA DIRETTIVA (UE) 2024/2853 SULLA RESPONSABILITÀ PER DANNO DA PRODOTTI DIFETTOSI
1. Introduzione e descrizione della Direttiva
La Direttiva (UE) 2024/2853 (“nuova Direttiva”) rappresenta un importante aggiornamento della disciplina europea in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi. Essa abroga la precedente Direttiva 85/374/CEE, introdotta quasi quarant’anni fa e tuttora alla base dei regimi nazionali sulla responsabilità oggettiva dei produttori. Col passare del tempo, le crescenti innovazioni tecnologiche (ad esempio l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things e i prodotti “smart”) hanno reso indispensabile un adeguamento della normativa: da un lato, per preservare la centralità della tutela di consumatori e altre persone fisiche; dall’altro, per promuovere un funzionamento più efficiente del mercato interno.
Finalità e ambito di applicazione
Finalità: la Direttiva mira a garantire un elevato livello di protezione della salute e dei beni delle persone fisiche e, nel contempo, a evitare distorsioni della concorrenza nel mercato unico, sancendo regole uniformi in tema di responsabilità per prodotti difettosi.
Ambito di applicazione: copre tutti i prodotti, inclusi software e servizi digitali “correlati” (ossia incorporati o essenziali per il funzionamento del prodotto), nonché i cosiddetti “file per la fabbricazione digitale” (ad esempio file di stampa 3D). Restano esclusi dal campo di applicazione i prodotti immessi sul mercato prima del 9 dicembre 2026, per i quali continuerà a valere la disciplina previgente (Direttiva 85/374/CEE).
Aspetti salienti della Direttiva
Estensione della definizione di “prodotto”
Viene chiaramente incluso il software, indipendentemente da come venga fornito (su cloud, come download a pagamento o incorporato in un bene).
Si considerano prodotti anche i file per la fabbricazione digitale, per tutelare gli utenti dall’eventuale difettosità di istruzioni e progetti che conducono alla realizzazione fisica di un bene.
Coinvolgimento dei “servizi correlati”
Se un servizio digitale è essenziale per far funzionare il prodotto (ad esempio, un servizio di aggiornamento di un elettrodomestico smart), esso è considerato parte integrante del prodotto.
Ciò significa che il produttore ne risponde in caso di difetto che causi un danno.
Responsabilità oggettiva
Prosegue il principio della responsabilità “senza colpa” (strict liability) in capo ai produttori che immettono in commercio beni difettosi: non occorre provare la negligenza, bensì solo il difetto, il danno e il nesso causale.
Operatività nei confronti di più soggetti
Oltre al fabbricante, la Direttiva contempla importatore, fornitore di servizi di logistica, rappresentante autorizzato, distributore e persino le piattaforme online, se hanno avuto un ruolo rilevante nella commercializzazione del prodotto.
Prevede la possibilità di coinvolgere anche chi apporta “modifiche sostanziali” a un prodotto, equiparandolo al fabbricante quando tale modifica può incidere sulla sicurezza del bene e causare un difetto.
Strumenti probatori a favore del danneggiato
Vengono introdotte norme sull’accesso alle prove (“disclosure”): l’attore può chiedere al convenuto la documentazione necessaria per dimostrare il difetto, limitando così la tradizionale asimmetria informativa.
Sono previste presunzioni a favore del danneggiato in determinate circostanze (come malfunzionamenti evidenti, mancanza di conformità a obblighi di sicurezza, ecc.), agevolando l’onere della prova.
Termini di prescrizione e di scadenza
Il termine di prescrizione per intentare causa è di tre anni dal momento in cui la vittima ha (o avrebbe dovuto avere) conoscenza del danno, del difetto e dell’identità del produttore.
La Direttiva stabilisce un periodo di scadenza (long stop) di 10 anni, oltre i quali il produttore non è più responsabile; questo termine può arrivare a 25 anni se si tratta di danni la cui manifestazione è tardiva (per esempio danni sanitari a lungo periodo di incubazione).
2. Commento dettagliato: obiettivi, novità e possibili ricadute
2.1. Aggiornamento alle nuove tecnologie
Uno dei pilastri della nuova Direttiva consiste nell’aver esplicitamente ricompreso il software e i servizi digitali. Questa scelta è altamente significativa per diverse ragioni:
Fattispecie digitali prima non considerate: prodotti e dispositivi connessi (smartwatch, domotica, autoveicoli “intelligenti”, dispositivi medicali ad alta tecnologia) comportano rischi e complessità nuove; la Direttiva armonizza le responsabilità legate a tali innovazioni.
Software-as-a-product: trattare il software come un vero e proprio “prodotto” era cruciale in quanto un bug informatico può produrre danni fisici o materiali, talvolta di notevole entità (ad es. errori in dispositivi medici o macchinari industriali).
2.2. Inclusione dei “servizi correlati”
Tradizionalmente, la direttiva previgente si focalizzava sui beni tangibili. Oggi, spesso un bene hardware non può funzionare senza un correlato servizio in cloud. Se tale servizio non è erogato correttamente, il prodotto può divenire difettoso:
Un esempio pratico: un frigorifero “smart” necessita di aggiornamenti software costanti per garantire la sicurezza e la gestione dei dati dell’utente. Se tali aggiornamenti vengono omessi e da questo deriva un difetto, il fabbricante potrebbe essere ritenuto responsabile.
Maggiore tutela: la Direttiva supera la concezione secondo cui un fornitore di servizi digitali non possa essere responsabile in quanto fornitore di “servizi immateriali”. Ora, quel servizio è visto come parte integrante della sicurezza del prodotto.
2.3. Responsabili: dal fabbricante alle piattaforme online
La Direttiva ridefinisce la catena di responsabilità:
Fabbricante: rimane il principale soggetto responsabile; risponde in modo diretto di difetti causati da progettazione, produzione o controllo del software incorporato.
Importatore e rappresentante autorizzato: se il fabbricante è extra-UE, l’importatore (o, in subordine, il rappresentante autorizzato) diventa principale referente per il risarcimento.
Fornitori di servizi di logistica: possono essere chiamati in causa se non è identificabile altro soggetto in UE e se il loro ruolo va oltre il semplice trasporto.
Distributore e piattaforma online: possono essere responsabili se, una volta interrogati dall’acquirente danneggiato, omettono di identificare tempestivamente il fabbricante o altri operatori economici coinvolti.
Modifica sostanziale di un prodotto: chi effettua tale modifica si “sostituisce” al produttore originario, assumendone i rischi. Ciò è particolarmente rilevante in un contesto di economia circolare e “aftermarket”.
2.4. Prova del difetto e presunzioni
Uno degli aspetti più innovativi è l’insieme di disposizioni sulla divulgazione degli elementi di prova. Tradizionalmente, il consumatore doveva reperire prove tecniche spesso complesse. Ora, invece:
Disclosure: il giudice può ordinare al presunto responsabile di fornire i documenti e i dati tecnici utili.
Presunzioni a favore del danneggiato:
Se il convenuto non produce i documenti richiesti (“omissione di divulgazione”), il prodotto si presume difettoso.
Se il prodotto viola norme obbligatorie di sicurezza o se si verifica un malfunzionamento palese in condizioni d’uso normali, il prodotto si presume difettoso.
Si presume l’esistenza del nesso di causalità qualora il prodotto sia provato difettoso e il tipo di danno manifestato appaia “compatibile” con tale difetto.
Queste presunzioni snelliscono il contenzioso, limitando gli oneri probatori tipicamente ricadenti sugli utenti danneggiati (ad esempio, in ambito di dispositivi medici, oppure prodotti a base di intelligenza artificiale), e favoriscono un più agevole accesso alla giustizia.
2.5. Termine di prescrizione e periodo di scadenza
Termine di prescrizione (tre anni): decorre da quando il danneggiato apprende (o avrebbe dovuto apprendere) il danno, il difetto e l’identità del produttore.
Periodo di scadenza (10 anni): scaduto tale lasso di tempo dall’immissione del prodotto, non si può più intentare azione. Fa eccezione il prolungamento fino a 25 anni quando i sintomi di una lesione tardano a manifestarsi (es. alcune patologie indotte da un difetto nascosto in un prodotto biomedicale).
Si tratta di un compromesso tra esigenze di certezza giuridica dei produttori (non dover rispondere potenzialmente all’infinito) e il diritto dei consumatori di agire in giudizio anche oltre i 10 anni se gli effetti dannosi emergono tardi.
2.6. Deroga e rischi di sviluppo (art. 11 e 18)
Resta la controversa questione dell’esonero basato sui rischi di sviluppo: un fabbricante può difendersi provando che all’epoca della commercializzazione il difetto non fosse conoscibile con lo stato della tecnica. La Direttiva consente però agli Stati membri di derogare e imporre la responsabilità anche in questi casi, se lo ritengono necessario per determinati prodotti ad alto rischio (ad esempio farmaci o dispositivi medici). Ciò favorisce la discrezionalità degli Stati, sebbene debbano notificare tali iniziative alla Commissione.
2.7. Implicazioni strategiche per imprese e consumatori
Per i consumatori: la nuova Direttiva è un rafforzamento della tutela, perché abbraccia le problematiche della “nuova era digitale”, offrendo strumenti di prova più incisivi e una canalizzazione della responsabilità in tutta la filiera.
Per le imprese:
Adeguamento organizzativo: dovranno dotarsi di procedure di monitoraggio post-vendita, soprattutto per prodotti software e servizi digitali, curandone gli aggiornamenti per mantenere la sicurezza.
Assicurazione: è probabile un incremento nell’utilizzo di assicurazioni specifiche per la responsabilità da prodotto.
Collaborazione contrattuale: i contratti di fornitura tra produttori e fornitori di componenti dovranno essere rivisti, tenendo conto della più ampia catena di responsabilità e delle possibili rivalse.
2.8. Conclusioni e prospettive future
La Direttiva 2024/2853 segna un passaggio fondamentale nell’evoluzione della disciplina europea: per la prima volta, la definizione di “prodotto” include formalmente software e servizi digitali, con uno spiccato riguardo alla sicurezza dei beni “intelligenti”. Inoltre, l’impostazione più equilibrata tra oneri probatori dell’impresa e del consumatore è destinata a influenzare il contenzioso, semplificandone l’esito e creando un contesto di maggiore responsabilizzazione delle imprese.
Alla luce delle importanti novità:
Le imprese dovranno riorganizzare i processi di progettazione e manutenzione dei prodotti, specie quelli connessi o basati su IA.
I consumatori beneficeranno di un quadro normativo più chiaro e di strumenti rafforzati, soprattutto in ambiti ad alta complessità tecnologica.
L’aggiornamento normativo potrebbe anche incentivare lo sviluppo e l’adozione di prassi e standard industriali condivisi in materia di sicurezza (e di cibersicurezza), nella logica di prevenire i rischi e ridurre i potenziali contenziosi.
In definitiva, la Direttiva (UE) 2024/2853 si propone di rinnovare profondamente i principi consolidati della responsabilità per danno da prodotti difettosi, preservando al contempo la coerenza con il quadro del mercato interno e le istanze di protezione dei cittadini in un’epoca di crescente complessità tecnologica.
L’effettivo impatto si comprenderà appieno quando gli Stati membri ne completeranno il recepimento e avremo le prime pronunce giurisprudenziali su casi limite (in particolare per quanto riguarda i sistemi di IA e gli aggiornamenti post-vendita).
A questo punto non ci resta che attendere due tutti gli Stati membri recepiscano questa direttiva, in questo modo la responsabilità degli operatori economici per il danno causato da prodotti difettosi a persone fisiche sarà in vigore per i prodotti immessi sul mercato o messi in servizio dopo il 9 dicembre 2026.
NOTA:
Questo articolo e la mappa mentale nell’immagine sono stati redatti con l’ausilio di ChatGPT, ovvio che prima di pubblicarli e dopo aver studiato la direttiva ho avuto modo di verificarne la correttezza di quanto elaborato. Se dovessi riscontrare una o più inesattezze puoi segnalarle attraverso la pagina contatti.