Il licenziamento del lavoratore via Whatsapp è una vergogna
La CMC (Comunicazione Mediata dal Computer) costituisce una semplificazione e un notevole abbattimento dei costi aziendali ma opera sempre nel rispetto della dignità, della riservatezza e dei diritti della persona?
Un interrogativo che da giurista mi sono posto più volte nel momento in cui sono stato chiamato a semplificare i processi amministrativi a vantaggio delle persone giuridiche pubbliche o private.
L’ultimo caso di cronaca è il licenziamento comunicato “collettivamente” ai 90 lavoratori.pubblici di un’azienda del settore della logistica a Bologna che, attraverso Whatsapp, si sono visti comunicare la cessazione del contratto (foto)
La norma, redatta quando il digitale non esisteva, è chiara allorquando all’art. 2 c° 1 della legge n. 604/1966 stabilisce che il licenziamento deve avvenire necessariamente per iscritto a pena di inefficacia.
Da qui due osservazioni:
– la prima: la norma non indica quale sia la forma scritta che debba essere adottata, ad esempio raccomandata a/r, telegramma, lettera semplice, comunicazione consegnata a mani etc. La norma prevede solo che è onere della parte datoriale utilizzare una forma comunicativa che le consenta di dimostrare il corretto adempimento di tale obbligo.
– la seconda: che non è valido il licenziamento verbale, pena nullità.
La Cassazione si è già pronunciata sul tema affermando che: è legittimo il licenziamento via email, sms, WhatsApp, a patto che sia fornita la prova dell’avvenuto ricevimento da parte del lavoratore, aspetto probatorio che ricade sul datore di lavoro.
Ulteriore chiarimento giurisprudenziale è che il licenziamento comunicato attraverso Whatsapp è sempre illegittimo quando si tratta di un licenziamento collettivo, questo sulla scorta della Legge n°223 del 1991 che impone forme specifiche per procedere con un licenziamento collettivo, procedure che non possono essere disattese attraverso il ricorso ad un messaggio digitale.
Personalmente ritengo che la dignità umana meriti uno sforzo in più, perché seppur nella sostanza un licenziamento non cambia a prescindere dallo strumento con cui viene comunicato, non trovo etico comunicare al lavoratore la cessazione del rapporto di lavoro tramite Whatsapp e questo sia in termini di riservatezza, sia in termini probatori, che in termini giuridici per la mancanza di un recapito dichiarato/esclusivo/riservato sulla piattaforma di messagistica.
Il fanatismo digitale rischia di depauperare i rapporti umani costituendo oggi come ieri, ma soprattutto per il futuro un terreno fertile per fratture sociali.
Riflettiamoci.