Immaginiamo di vivere in Siria
Il piccolo Stato della Siria conta poco più di 24 milioni di abitanti, storicamente insiste su quell’area geografica che da bambini abbiamo tutti studiato, la Mesopotamia, con i suoi due fiumi: il Tigre e l’Eufrate.
Oggi due sono le ricchezze carenti in Siria il petrolio e la democrazia; la mancanza di petrolio genera uno scarso interesse internazionale verso il Paese, la mancanza di democrazia genera un governo che, in spregio ad ogni legge morale e civile, apre il fuoco sulla popolazione provocando migliaia di vittime civili senza escludere i bambini.
Immaginate, in linea di principio, di non avere libero accesso alle informazioni, immaginate di dover giustificare ad un’altra persona in divisa dove andate, cosa fate, cosa pensate.
Se riuscite ad immaginare tutto questo riuscite a comprendere cosa significhi vivere in uno Stato in cui il governo impone ferrei metodi “non democratici”; tuttavia per quanto possiate immaginare, nulla sarà al confronto del vivere una condizione di vita oppressiva.
Le ragioni che spingono un Popolo ad esigere un modello di Stato più democratico sono sempre le stesse: desiderio di libertà, di lavoro, di espressione artistica, libertà di culto, trasparenza del Governo, futuro per le nuove generazioni.
I motivi per cui le potenze internazionali supportano un Popolo per ottenere libertà e condizioni costituzionali più libere sono: petrolio, diamanti, posizione geografica favorevole in caso di conflitti globali.
La Siria pare che abbia solo quest’ultimo requisito, il più delicato perché affidato alle diplomazie internazionali, il più sensibile in quanto occorre operare con molta discrezionalità per evitare di rendere manifesta la ragione del proprio intervento.
Il risultato che la Siria vive da mesi uno sterminio silente agli occhi della comunità internazionale, attraverso i media ci giungono sporadicamente le notizie di bombardamenti di mercati, di scuole, di abitazioni civili ma senza poi spingere gli organismi internazionali ad agire per risolvere concretamente il conflitto interno.
Nella mia presenza nel villaggio globale ho accolto favorevolmente la proposta di Sabrina Ancarola e delle “donne viola” nel partecipare ad una giornata sul web per la sensibilizzazione della questione siriana cercando di contribuire a cambiare la mente delle persone affinchè non si generino conflitti ma dialogo e pace.
Come sempre in Rete non vivere da spettatore, agisci da protagonista per il cambiamento: 11 novembre 2012 per #SiriaICare