Le foto dei vostri figli su Facebook e i bimbi scomparsi
Da qualche giorno mi trovo a dover studiare, per la costituzione di parte civile, il fascicolo d’indagine in un processo penale per sfruttamento sessuale di minore.
Tra i vari documenti, che ti instradano verso l’inferno, vedo diverse liste di bambini: divisi per età, per area geografica, per tipologia familiare.
Le foto sono indicizzate con il nome del minore, età, il nome e cognome di uno o entrambi i genitori, il nome di un parente(nonni, zii, cugini), dell’area geografica di appartenenza. Esempio: Luca (6 anni) figlio di Mario Rossi (padre) Maria Verdi (nonna) Lucia Bianchi (cugina) Milano.
I bimbi sono tutti bellissimi, foto innocenti scattate al mare, sul seggiolone, nella vasca da bagno, in bicicletta, sul lettone di mamma e papà, al parco, all’ingresso della scuola.
Tutte le foto hanno elementi per giungere alla localizzazione del minore attraverso i dati assunti dalle bacheche dei soggetti legati da parentela al bambino.
Perché si trovano elenchi di bimbi nei processi contro lo sfruttamento sessuale dei minori?
I depravati, i criminali, gli orchi cattivi sono sempre alla ricerca di un bambino, un bambino da toccare, un bambino da guardare, un bambino da inseguire con i loro corrotti pensieri.
I social network inconsapevolmente aiutano a formare questi elenchi, se da un lato permettono ai genitori di mostrare e condividere il frutto più bello del loro amore, dall’altra inconsapevolmente aiutano i criminali a formare degli elenchi con bambini perfettamente localizzati attraverso lo screening delle bacheche dei parenti e degli amici.
Per i professionisti della comunicazione, ad esempio i giornalisti, il Codice deontologico si pronuncia in relazione al rischio di identificazione del minore coinvolto in “fatti di cronaca”. Più in generale, la Carta di Treviso vieta in senso assoluto la pubblicazione del nominativo o delle immagini del minore o di qualunque altro elemento possa fornire dati per l’identificazione.
La Carta di Treviso, un protocollo firmato il 5 ottobre 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono azzurro ha l’intento di disciplinare i rapporti tra informazione e infanzia per responsabilizzare tutti i mezzi d’informazione verso la tutela di bambini e adolescenti, si legge che: “va … evitata la pubblicazione di tutti gli elementi che possano con facilità portare alla … identificazione [del minore], quali le generalità dei genitori, l’indirizzo dell’abitazione o della residenza, la scuola, la parrocchia o il sodalizio frequentati, e qualsiasi altra indicazione o elemento: foto e filmati televisivi non schermati, messaggi e immagini on-line che possano contribuire alla sua individuazione”.
Se questo principio di tutela è valido per i giornalisti, allo stesso modo i genitori o parenti devono – non perché lo prevede la norma ma perché oggetto del buon senso – porre la massima attenzione alla divulgazione della foto dei bimbi, perché oggi un social network arriva ad avere una distribuzione negli anni che è sicuramente maggiore di un articolo posto su un quotidiano.
Quindi attenzione! Pubblicate, se proprio non riuscite a farne a meno, le foto dei minori sul vostro profilo avendo cura che le foto siano inserite in un album con accesso riservato ai parenti più stretti, invitando gli stessi alla non condivisione e alla non memorizzazione dell’immagine sul proprio hard disk.
Eviterete così, attraverso la normale attenzione, che le foto dei vostri bambini finiscano indicizzate in raccolte di immagini gestite da persone perverse e dalla condotta riprovevole.
L’VIII^ Relazione semestrale del Commissario di Governo per le persone scomparse, dicembre 2011, parla chiaro: il numero dei minori scomparsi è in continuo aumento. (leggi il rapporto)
Non sottovalutate il pericolo, non agite quando ormai è troppo tardi.