Pubblicità Italia Maggio 2010 WEB REPUTATION una strategia di marketing
WEB REPUTATION una strategia di marketing, di Massimo Melica
La sempre più pervasiva rete internet delinea un nuovo modo con cui le persone concepiscono la propria identità e la propria reputazione on line.
Se nella storia dell’uomo il dimenticare eventi, relazioni, giudizi è stata la regola mentre l’eccezione è stata costituita dal ricordo, oggi con Internet si crea un fenomeno completamente nuovo, nel quale i ricordi non sono più memorizzati dall’uomo bensì dalla tecnologia che ne amplifica i modi di accesso e ne dilata i tempi di conservazione.
L’avvento dei motori di ricerca, dei portali d’informazione e dei social network consente a chiunque, da una parte di esporre le proprie caratteristiche e i propri valori, dall’altra di ridefinire concetti come la privacy, la comunicazione commerciale, il diritto all’oblio.
Con l’avvento del web 2.0, si è accentuato il problema del controllo delle informazioni che riportano il nostro essere nella collettività, in altre parole si tratta di monitorare la nostra “reputazione on line”.
Preliminarmente occorre chiarire che la “reputazione” equivale alla percezione che gli altri hanno della nostra persona, di chi siamo, di come operiamo professionalmente, di come ci relazioniamo con gli altri.
Nel web la nostra immagine si costruisce nel tempo, anche attraverso i dati che vengono immessi liberamente dagli utenti e che possono ricomprendere: giudizi su articoli o post pubblicati nel blog, partecipazioni e relazioni ai convegni, giudizi sugli effetti di una campagna pubblicitaria, le descrizioni delle carriere professionali; tutto finisce in una corposa memoria digitale che incrementa i risultati e le pagine dei motori di ricerca.
Sino a qualche anno fa, un “curriculum vitae” era l’unica fonte di informazione capace di riportare i dati di un soggetto, le esperienze lavorative e quant’altro idoneo a fornire all’esterno una migliore presentazione.
Oggi, ai curricula si affianca una “ricerca in rete” capace di creare la differenza, quindi la scelta, tra due profili dello stesso livello.
Se pensiamo che tutto ciò è traslato, dai soggetti alle aziende e ai prodotti, possiamo comprendere come il discorso diventi molto ampio e possa assumere, talvolta, particolari criticità.
Un chiaro esempio può essere rappresentato da forme di pubblicità e di marketing che vengono attaccate in internet con intenti illeciti, mi spiego: le informazioni che comunichiamo per l’azienda che rappresentiamo o per la quale operiamo sono soggette ad una libera valutazione da parte degli utenti della Rete, tuttavia ai commenti sia positivi che negativi, espressi in modo trasparente e motivato, si affiancano giudizi inseriti con chiaro intento denigratorio o diffamatorio con il solo fine di ledere l’azienda o un prodotto, sia nella fase di promozione sia in quella commerciale.
La prima esigenza per un “comunicatore” è riuscire a monitorare la rete, ovvero essere in grado di sapere non solo sulle piattaforme dei social network più diffusi, ma anche sui canali informativi come blogger e testate giornalistiche, nonché sui siti internet generalisti il “sentiment” e la “reputazione” che ruota intorno ad un determinato “tag”.
Qualsiasi attività di gestione della “reputazione online” parte dall’ascolto, dall’analisi delle conversazioni, dei documenti e dei contenuti presenti in rete.
Lo studio dei dati immessi in Internet, effettuato grazie a specifiche piattaforme di “monitoring”, avviene quasi in tempo reale attraverso una complessa analisi semantica, che è in grado di riportare all’attenzione dell’operatore tutti i contenuti che riprendono quel determinato “tag” contestualizzato in un giudizio.
Gli interventi, che seguono l’analisi dei dati, permettono di intervenire modificando ad esempio la pubblicità di un prodotto o rivedendo i processi interni all’azienda che vanno dalla fase di produzione, al marketing più idoneo a dare risposte concrete alle domande dei consumatori, correggendo secondo i casi, le procedure di comunicazione.
Ma come comportarsi quando la “web reputation” è volutamente inquinata da azioni diffamatorie o di concorrenza sleale? La risposta appare complessa e il ricorso a soluzioni definitive avviene attraverso il ricorso all’Autorità giudiziaria, la sola capace con un provvedimento “ad hoc” di inibire la presenza di pagine illecite sul web.
In conclusione, se l’analisi della Rete permette sempre di definire uno scenario sulla base del quale si possono attivare strategie che possono essere: correttive, integrative e proattive il ricorso ad azioni giudiziarie appare necessario, qualora ci si imbatta in giudizi che, in spregio alle più elementari “libertà digitali”, pongono in essere azioni diffamatorie o di concorrenza sleale.