Storie italiane di ordinaria indecenza digitale
Ristrutturo un appartamento nel centro di Bologna, valuto le offerte delle varie compagnie telefoniche, scelgo di aderire ad un piano Vodafone in quanto lo ritengo tagliato per le mie esigenze casalinghe.
Viene l’incaricato Telecom Italia che fornisce il “via libera” per l’attivazione della linea adsl, una volta collegato l’apparecchio (Vodafone Station 2) l’adsl non raggiunge il segnale se non attraverso la chiavetta e con scarsa velocità, in quanto il segnale 3G è molto basso.
Resto qualche giorno senza connessione, torna l’incaricato Telecom Italia e questa volta lo accompagno nello scantinato in cui è presente la centralina per lo smistamento delle linee nei rispettivi appartamenti.
Quello che scopro, lo vedete nella foto, ed è sconcertante.
Mi rivolgo all’Amministratore condominiale, mi riferisce che l’impianto Telecom Italia è molto vecchio, mi mostra le raccomandate inviate dal 2008 alla compagnia telefonica proprietaria della centralina, in cui lamenta lo stato di fatto e mi riferisce – giustamente – che è impossibilitato ad intervenire autonomamente in quanto la centralina è di proprietà di Telecom Italia.
Viene aperta la segnalazione del disservizio, ritorna il tecnico ma con una centralina così ingarbugliata, scoperta, insicura, danneggiata avere un connessione sufficientemente in linea con il contratto sottoscritto con Vodafone risulta impossibile.
Penso ai tanti inutili proclami sull’Italia digitale, sull’Italia dell’innovazione, sull’Italia dell’economia dei bit come volano del Paese e vedo che hanno la stessa forma della centralina dello stabile di Bologna, in cui insiste il mio appartamento.
Il portiere, inoltre, mi riferisce che nel complesso ci sono due banche, un ufficio postale, tre studi medici e una assicurazione (sede amministrativa) che hanno il contratto di telefonia con Telecom Italia passando da questa centralina.
A questo punto credo che il concetto di sicurezza delle conversazioni e delle infrastrutture tecnologiche sia un astrazione presente solo in letteratura.
Mi appello alle donne e agli uomini che operano nella compagnia telefonica di bandiera e chiedo se non provino umana vergogna per lo stato in cui versa l’infrastruttura che i nostri genitori e prima i nostri nonni hanno sostenuto economicamente, contribuendo alla sua crescita.
Ma non potreste tagliare qualche minuto di inutile pubblicità per rivedere nei mesi, lo stato delle infrastrutture tecnologiche?
L’Italia digitale resterà utopia sino a quando non arriveranno persone capaci di operare non solo con il tecnicismo richiesto ma anche con: etica, passione e rispetto per il proprio lavoro nonchè con rispetto verso i diritti altrui.
L’Italia digitale è una grande tristezza.