Web e giustizia fai da te, attenzione a non passare dalla parte del torto
La Web Agency Creorin, rappresentata da Giuseppe De Napoli, ha pubblicato sul dominio del proprio cliente l’“Agit Media srl di Francesco Armentano” un messaggio con cui comunica di essere creditrice per la somma di €.1.050,00; una somma che sarà ricordata come il cappio al collo più stretto del web.
Cosa possiamo intuire che sia successo: la Agit Media srl commissiona alla Web Agency Creorin un lavoro afferente il sito agitmediasrl.com. Il dominio viene registrato, come spesso erroneamente accade, non in capo al committente ma direttamente all’agenzia di comunicazione.
Probabilmente si tratta di una campagna di comunicazione virale, ma ipotizzando che non lo sia, possiamo pensare che il sito abbia avuto lo scopo di esortare il cliente debitore ad effettuare il pagamento ma allo stesso modo sia sfuggito ad una visulaizzazione tra le parti interessate diventando un caso globale.
In pochissime ore ci sono state migliaia di reazioni, ne porterò solo due come esempio: la prima del portale Ninja Marketing in cui alcuni (*) commenti si sono schierati a favore del giovanissimo creditore in unche ha scelto questa soluzione innovativa per escutere il suo credito; la seconda – molto più ponderata di Roberto Scano, Presidente IWA Italia in cui ha esortato al principio di correttezza professionale a cui il professionista del web si deve sempre rifare.
Personalmente condivido quest’ultima posizione sia sotto il profilo umano sia sotto il profilo giuridico, infatti se la vicenda fosse pericolosamente vera il nostro ordinamento punirebbe in modo severo la comunicazione coercitiva e giustizialista per: Art. 392 codice penale Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose; Art. 595 codice penale Diffamazione e al limite anche l’Art. 629 codice penale Estorsione nonché una dozzina di istituti civilistici a tutela dell’immagine, del decoro, dell’onore, della dignità, della reputazione, del trattamento dei dati personali del soggetto!!!
Nella pratica, se fosse tutto vero e non si trattasse di una campagna pubblicitaria, cosa che mi auguro le ripercussioni penali e civili sull’autore del fatto sarebbero veramente pesanti.
Il “diritto di ritenzione” è una delle ipotesi più notevoli di autotutela ed è costituita dalla facoltà di trattenere un bene altrui.
Trattenere un bene non vuol dire diffondere commenti o giudizi!
Presupposti essenziali del diritto di ritenzione sono: a) il possesso della cosa oggetto del negozio giuridico; b) l’esistenza del credito; in letteratura giuridica la ratio del diritto di ritenzione andrebbe ricercata in una sorta di tacita costituzione di pegno.
Immaginate, solo a titolo esemplificativo, quando ci rechiamo in lavanderia e consegniamo un capo per il lavaggio, per poterlo ritirare necessariamente siamo tenuti al pagamento delle prestazione, in caso contrario il diritto di ritenzione permette al titolare dell’esercizio di trattenere l’indumento (pegno) sino al momento del pagamento.
Mai al diritto di ritenzione non è associata la possibilità di ricorrere alla “gogna mediatica”.
Detto questo mi auguro che i “nativi digitali” crescano con una coscienza legata al rispetto dei diritti civili, anche e soprattutto quando si hanno tutte le ragioni per esercitare un diritto nelle aule di giustizia.
I danni provocati sul web hanno proporzioni spesso inimmaginabili, cosa accadrà in futuro quando si farà la ricerca su Google del Sig. Francesco Armentano e della sua Agit Media srl ?
Mentre chiudo questa riflessione leggo la difesa del Sig. Giuseppe De Napoli, che trovo a dir poco surreale, la trovate in esclusiva sul sito: “Lol Marketing l’istituzionalità deve morire”.
Sulla vicenda non ho altro da aggiungere, se non un senso di tristezza.
(*) inizialmente sbagliando avevo scritto “centinaia di commenti”, grazie alla verifica suggerita dai commenti che vedete in basso ho avuto modo di verificare che su Ninja Marketing i giudizi, in favore dell’azione compiuta, non sono stati centinaia ma una proporzione pari a quella di coloro che hanno condannato il gesto.