Wikileak la nuova comunicazione tra reati e complicità
Robin Hood, paladino della libertà, innovatore, giustiziere o semplicemente Mendax il suo appellativo usato in rete che gli valse il primo arresto per violazione di un sistema informatico questi sono i sopranomi che identificano Julian Assange, giornalista programmatore nonché attivista australiano, creatore del portale Wikileaks.
I fatti: Assange in modalità non meglio precisate entra in possesso di notizie e informazioni digitali riservate, confidenziali o addirittura segrete di proprietà del Governo americano originate dallo scambio interno tra i suoi funzionari civili e militari.
Tutto ciò ha provocato lo stato d’allerta in tanti governi ed agenzie di spionaggio che hanno destinato ingenti risorse e immensi sforzi per arginare la fuga di notizie che coinvolge migliaia di persone: dai trafficanti di droga, armi, diamanti, fino ai terroristi, attraverso imprenditori, giornalisti, ecclesiastici e funzionari di governo.
In un altro momento storico queste informazioni sarebbero state restituite ai titolari o consegnate ad una testata giornalistica, la quale avrebbe deciso se diffonderle o meno assumendosi tutte le responsabilità imprenditoriali, penali e civili, sottese alla pubblicazione del materiale classificato come altamente confidenziale.
Nella Società dell’Informazione Julian Assange introduce un nuovo modello operativo e gestionale: raccoglie le informazioni ottenute in un data base elettronico, le classifica attraverso un sistema di ricerca, le protegge attraverso la crittografia comunicando la password ad una serie di collaboratori fidati; infine, come un Generale chiamato a disporre le sue truppe in campo, inizia a crearsi degli alleati tra giornalisti ed editori concedendo piccole anticipazioni informative e poi sfruttandoli al fine di ridondare le notizie concernenti la pubblicazione delle “informazioni riservate” sul sito Wikileaks.
Contestualmente sostiene la sua attività attraverso una campagna culturale che giustifichi l’esigenza di ottenere la massima trasparenza posta alla base del rapporto tra Governo e cittadini, dall’altra promuove una necessaria raccolta fondi sul web, idonea per sostenere i costi.
Il primo scoop virale di Wikileaks è la drammatica trasmissione del video delle forze armate USA che mostra un elicottero che apre il fuoco su giornalisti e civili disarmati in Iraq, questo video accredita il sito per la sua credibilità in quanto pone sotto i riflettori dell’opinione pubblica materiale super sensibile che testimonia il grave errore militare commesso e subito insabbiato dalle forze militari statunitensi.
La strategia di comunicazione, posta oggi da Assange, investe volontariamente o involontariamente milioni di soggetti, ed oggi possiamo affermare, senza timore di essere smentiti, che stiamo assistendo alla prima operazione di marketing che coinvolge ogni angolo della Terra.
Ma qual è il prodotto che si vuol vendere, quali sono le conseguenze giuridiche che tale prodotto implica e come cambierà, dopo il caso “Wikileaks-Assange”, la strategia nella comunicazione.
Wikileaks definisce se stessa testualmente come“un’organizzazione multi giuridica di tutela di dissidenti interni, filtratori di informazioni, giornalisti e bloggers che affrontano minacce legali o di altro tipo per la pubblicazione delle informazioni, il cui interesse principale è di esporre regimi oppressivi in Asia, l’ex blocco sovietico, l’Africa sub-sahariana e il medio oriente, assistiamo persone di qualsiasi nazione che vogliano rivelare comportamenti non etici di governi e corporazioni, puntiamo ad ottenere il massimo impatto politico possibile”.
Premessa questa definizione, l’identificazione del prodotto è difficile da identificare in quanto ci sono diverse connotazioni politiche e sociali: il prodotto, dunque, può essere quello di ottenere la massima trasparenza e sincerità dei Governi; può essere quello finalizzato alla mera destabilizzazione del Governo americano; può essere quello di asservire le masse intorno ad una nuova ideologia; oppure, in maniera provocatoria, il vero prodotto è un Julian Assange strumentalizzato da coloro che volontariamente hanno controllato la “fuga di notizie”.
I rischi di emulazione selvaggia, che questo fenomeno mediatico e politico genera, sono tanti e pongono in crisi valori costituzionali e diritti fondamentali come il “segreto della corrispondenza, la riservatezza dell’individuo, il trattamento dei dati personali”.
Non è un caso che in questo momento in Internet ad opera di “novelli Assange” si ritrovino a vari livelli di distribuzione, da canali di condivisione a blog, corrispondenze interne di aziende, di studi professionali, di settori della pubblica amministrazione che se pur non garantiscono ai neofiti operatori un risalto mediatico in quanto per il momento attengono ambiti ristretti, generano azioni e attività previste e sancite dal codice penale.
Molti improvvisamente sono colti dal desiderio di trasparenza pubblicando indistintamente atti fatti o dati giuridicamente rilevanti che pongono a serio rischio ciò che sono le forme di trattazione riservata di un affare commerciale, di una vicenda legale o di gestione degli interessi pubblici.
Julian Assange dimostra di essere un geniale stratega il quale è riuscito a convergere su Internet l’attenzione di tutti ed elevando lo strumento da mera “commodity di consultazione” a fonte primaria di notizia, ha elevato il senso e la percezione della gestione delle informazioni, ha cambiato i paradigmi del giornalismo, ha coinvolto in una sorta di Web 2.0 gli utenti che ospitano volontariamente i dati di wikileaks al fine di non permettere l’esecuzione di censure.
Su quest’ultimo aspetto si aprono nuovi confini giuridici in quanto se su Julian Assange e la sua organizzazione pendono pesanti accuse che vanno dall’accesso abusivo a sistema informatico, allo spionaggio, al furto di informazioni militari, alla cospirazione e diffusione di materiale governativo; possiamo ipotizzare il rischio che su coloro che offrono ausilio esterno a Wikileaks si possa estendere l’accusa di “concorso in reato”.
Concludendo il modello Asange-Wikileaks investe le strategie di comunicazione e pone nuove sfide per i comunicatori che dovranno inventare nuove forme in cui il consumatore dovrà sentirsi, oltre che protagonista, complice dell’azienda e del prodotto…speriamo solo che questo accada per azioni lontane dall’ambito penale.